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giovedì 7 aprile 2011

La Fine del Mondo

Casacca da guerra decorata ad aculei - opera di Angela Swedberg

Una leggenda Lakota

Da qualche parte in un posto dove la prateria e le Maka Sicha, le Badlands, si incontrano vi è una caverna nascosta.
Perfino ora, con così tante autostrade, macchine e turisti, nessuno ha scoperto questa caverna. Lì vive una donna così vecchia che la sua faccia sembra un guscio di noce secco.
E' vestita di pelle grezza, come la gente usava fare prima che arrivasse l'uomo bianco.
E' rimasta seduta per migliaia di anni, o forse più, lavorando al decoro di una striscia di pelle per la sua coperta di pelle di Bisonte. Sta decorando la striscia con aculei di istrice, così come gli antenati facevano prima che i commercianti bianchi portassero le perline sul continente della tartaruga.
Fermo dietro lei, leccandosi le zampe, osservandola per tutto il tempo è Shunka Sapa, un enorme cane nero.
I suoi occhi non si staccano mai dalla vecchia donna, i cui denti sono ormai divenuti piatti, ridotti e consumati, dai tanti aculei schiacciati per cucirli.
A pochi passi di distanza da dove la vecchissima donna lavora alla sua striscia per la coperta, avvampa un enorme fuoco. Lei lo accese un migliaio di anni fa, o anche più, e lo ha tenuto vivo sino ad ora. Sul fuoco è sospesa una grossa marmitta di terracotta, del tipo che alcune genti Indiane usavano costruire prima che l'uomo bianco arrivasse con le sue pentole di ferro. Dentro la marmitta, Wojapi sta bollendo e schiumando. La Wojapi è una minestra di bacche, buona, dolce e rossa. La minestra ribolle da tanto tempo, sin da quando il fuoco fu acceso. 
Come ha sempre fatto la vecchia donna, ogni tanto, lascia il suo lavoro per mescolare la minestra di bacche nell'enorme marmitta. E' così vecchia e debole che le occorre molto tempo anche per questa semplice cosa.
Proprio quando lei è girata di spalle, Shunka Sapa, l'enorme cane nero, inizia a tirar via gli aculei dalla striscia per la coperta. Così il lavoro della vecchia donna non finirà mai e il suo ricamo con gli aculei resterà incompiuto.
Le genti Sioux dicono che se la vecchia donna dovesse finire la sua striscia, allora,
nell'esatto momento in cui cucirà l'ultimo aculeo di porcospino e completerà il suo disegno, proprio allora il mondo finirà.

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THE END OF THE WORLD

Somewhere at a place where the prairie and the Maka Sicha, the Badlands, meet, there is a hidden cave. Not for a long, long time has anyone been able to find it. Even now, with so many highways, cars and tourists, no one has discovered this cave. In it lives a woman so old that her face looks like a shriveled-up walnut. She is dressed in rawhide, the way people used to before the white man came. She has been sitting there for a thousand years or more, working on a blanket strip for her buffalo robe. She is making the strip out of dyed porcupine quills, the way ancestors did before the white traders brought glass beads to this turtle continent. Resting beside her, licking his paws, watching her all the time is Shunka Sapa, a huge black dog. His eyes never wander from the old woman, whose teeth are worn flat, worn down to little stumps, she has used them to flatten so many porcupine quills. A few steps from where the old woman sits working on her blanket strip, a huge fire is kept going. She lit this fire a thousand or more years ago and has kept it alive ever since. Over the fire hangs a big earthen pot, the kind some Indian peoples used to make before the white man came with his kettles of iron. Inside the pot, wojapi is boiling and bubbling. Wojapi is a berry soup, good and sweet and red. That soup has been boiling in the pot for a long time, ever since the fire was lit.Every now and then the old woman gets up to stir the wojapi in the huge earthen pot. She is so old and feeble that it takes a while to get up and hobble over to the fire. The moment her back is turned, Shunka Sapa, the huge black dog starts pulling the porcupine quills out of her blanket strip. This way she never makes any progress, and her quillwork remains forever unfinished. The Sioux people used to say that if the old woman ever finishes her blanket strip, then at the very moment that she threads the last porcupine quill to complete the design, the world will come to an end.

sabato 16 gennaio 2010

Coltelli da scalpo




Il prendere lo scalpo del nemico è sicuramente una delle azioni che si ritengono tipiche dei Nativi del Nord America. In realtà la predazione di trofei umani era una pratica comune e diffusa fra moltissimi popoli, nel Nuovo come nel Vecchio continente.
Dato che, sin dai primi anni di contatto, gli Europei favorirono la diffusione di questa pratica a danno dei propri personali nemici, fra gli storici e gli antropologi si è arrivato anche a dubitare del fatto che il prendere lo scalpo fosse un comportamento autoctono dei popoli del Nord America. A questo proposito però "The taking and displaying of human body parts as trophies by Amerindians"‎ (La predazione e l'esibizione di parti umane come trofei da parte degli Amerindi), un recente studio a cura degli antropologi Richard J. Chacon e David H. Dye, ha definitivamente tolto ogni dubbio dimostrando come tale pratica fosse diffusa già in epoche molto remote.
I Nativi americani utilizzavano un tipo preciso di coltello per prendere lo scalpo al nemico. Doveva essere un arma molto tagliente, per essere rapida ed efficace, dalla lama sottile ed appuntita. Grazie sempre ai mercanti bianchi l'arma preferita divenne il tipico... coltello da macellaio! Spesso questi coltelli erano prodotti ed importati dalla cittadina di Sheffield, in Inghilterra, che all'epoca era fortemente specializzata nella lavorazione dei metalli.
Sopra: un originale fodero Sioux con il suo coltello da scalpo.
Qui una mia replica di un fodero delle Pianure Settentrionali, conservato al McCord Museum e datato 1865, insieme ad un coltello di fine "800.

sabato 2 gennaio 2010

"Lazy stitch": cucire pigramente

La "Lazy stitch" era la tecnica di cucitura delle perline maggiormente utilizzata fra i popoli delle pianure, Sioux in testa.
Sembra che l'aggettivo Lazy (pigro) sia stato dato a questa tecnica (ed ai suoi artigiani!) da artigiane appartenenti ad altri popoli vicini territorialmente ai Sioux (pare per primi gli Ojibwa). A parte i rancori tribali, spesso esistenti da secoli, il motivo principale di un tale appellativo era da ricercarsi nella presunta inferiorità di questa tecnica rispetto ad altre, come la Spot, l'Appliquè etc., che erano invece usate da tali popoli.
A fronte di una maggiore rigidità nei motivi realizzabili, la Lazy Stitch garantiva però una maggiore velocità nel coprire ampie aree del disegno ed ebbe, per questo motivo, larga diffusione fra le Nazioni delle Pianure e non solo.
Replica di un fodero originale Crow: per realizzarlo ho usato pelle a concia vegetale per il fodero esterno, cuoio per il fodero interno, perline seme 11/0, panno in lana rosso, chiodi in ottone, Il disegno con i vari triangoli contornati da righe di perline in altri colori era tipico di questa Nazione.


martedì 29 dicembre 2009

Ornamenti e amuleti

Molti erano i tipi di ornamenti ed amuleti usati dai popoli delle Pianure o del Plateau.
Tradizionalmente prima della nascita di un bambino la madre o le parenti più vicine provvedevano a realizzare un amuleto chiamato in inglese: Umbilical cord holder. Come dice il nome esso era destinato a conservare al suo interno il cordone ombelicale, opportunamente preparato, del nascituro. Spesso a questi portafortuna era data la forma di un animale totemico, come ad esempio la tartaruga simbolo di una lunga e sana vita a venire.
Umbilical cord holder in pelle, perline e hairpipes in legno - Lakota
















Ornamento raffigurante il mitico "Thunderbird" o uccello del tuono




















Un altro esempio di umbilical cord holder replicato da un originale di Angela Swedberg, una delle maggiori artiste nella riproduzione di manufatti dei Nativi Americani. Il Pattern originale, con il tradizionale disegno dell'orma del cavallo al centro, proviene dalla zona del Plateau


Uno dei materiali più apprezzati sin dall'epoca protostorica erano le perle ricavate da conchiglie. Per i popoli che vivevano nelle Pianure del centro degli Stati Uniti le conchiglie erano merce rara scambiata a caro prezzo con i popoli che vivevano principalmente sulla costa del Pacifico. Lungo rotte individuate dagli antropologi si muovevano prodotti come pelli di bisonte o altri animali, crine di cavallo, copricapi in piume per essere poi barattati con il dentalium (una conchiglia conica ed allungata), cartilagini ed avorio dei grandi animali marini e "Indian Chank shell" un tipo di conchiglia molto ricercata con la quale erano realizzati i famosi "Wampum", le cinture ricche di decori usate anche come dono nelle trattative diplomatiche fra le varie tribù. Insieme alle conchiglie e prima dell'arrivo dei mercanti bianchi il materiale più diffuso e lavorato per ottenerne perle di varia fattura destinate ai manufatti era l'osso.
Una mia replica di un "Loop Necklace" delle Pianure Settentrionali.
Per realizzarlo ho usato:
- cuoio
- pelle di daino per le frange,
- sfere in ottone da un unica piastra -chiodi in ottone
- pony beads
- perle in osso














Choker Blackfeet
- Base in pelle di daino,
- perline seme 11/0
- pony beads
- perle in ottone
- disco centrale in abalone
- conchiglie "top ring"






Ornamento femminile- Pianure settentrionali
- Haipipes (tubi in osso)
- sfere in ottone
- tiles beads
- tin coin
- lana
- abalone