sabato 27 febbraio 2010

Parfleche


la pelle cruda, non conciata al cervello cioè, aveva mille utilizzi fra i nativi americani. Uno degli oggetti più comuni da trovare all'interno di un teepe erano le "Parfleche". Erano contenitori destinati a conservare indumenti, provviste e altri oggetti della vita quotidiana fra i popoli delle Pianure e del Plateau. Ne esisteva di diverse fogge a secondo dell'utilizzo: a busta, cioè con quattro falde che si ripiegavano su stesse, per la conservazione del pemmicam e di altre provviste; a forma di cilindro, per contenere i copricapi da guerra in piume d'aquila o a forma di vera e propria borsa, spesso con lunghe frange laterali, per gli indumenti. Come avveniva spesso fra queste genti ogni tribù aveva sviluppato una propria tavolozza di colori e di motivi che, dipinti sulle parfleche, servivano anche ad identificare le origini del proprietario. Per i colori erano usati pigmenti minerali che, essiccati e poi sbriciolati, erano mischiati con colla animale ed acqua. la pelle era inumidita e poi dipinta con l'utilizzo di "pennelli" di osso o di legno. Con la stessa tecnica erano anche realizzati foderi per coltelli spettacolari nei loro disegni.
In apertura: una parfleche Nez Percè destinata a contenere un copricapo in piume.
Qui sotto invece un mio fodero nello stile del Plateau realizzato con la tecnica delle parfleche. Il motivo, dipinto con pigmenti e colla animale, è preso da una parfleche Nez Percè originale conservata al Burke Museum.

sabato 20 febbraio 2010

La spedizione di Lewis e Clark


Un pò di tempo fa fu organizzata negli U.S. una mostra per ricordare la spedizione di Lewis e Clark. Quella spedizione segnò la nascita degli USA come li conosciamo. Per la prima volta il continente fu attraversato ed esplorato in modo sistematico. Dal loro viaggio i due esploratori riportarono indietro una mole di informazioni sul Nuovo Continente e sui suoi abitanti. Nella mostra a loro dedicata vennero esibiti, fra l'altro, una serie di oggetti che i due esploratori ricevettero in dono dalla tribù incontrate durante il viaggio. Fra questi oggetti vi era un fodero, di provenienza Ojibwa, lavorato secondo la tecnica dell'incisione. Questa forma di decoro è sicuramente la più antica utilizzata dai Nativi tanto che gli oggetti ancora esistenti hanno prezzi esorbitanti. Per la sua realizzazione occorre partire da una pelle "grezza", una pelle, cioè, che non è stata sottoposta a trattamento di concia. Questo particolare tipo di pelle aveva la caratteristica di essere molto resistente ma nello stesso tempo di mantenere una certa elasticità. Era molto utilizzata a tutte le latitudini del continente americano: serviva a creare lacci dalla resistenza leggendaria, le cosiddette "babiche", era indispensabile per realizzare altri oggetti, come ad esempio le racchette da neve, e così via. Per realizzare oggetti decorati con questa tecnica l'artigiano Nativo procedeva ad asportare lo strato superiore della pelle grezza seguendo un motivo predefinito. Tolto il primo strato di epidermide, alla fine del lavoro di incisione, si otteneva un disegno dato dal contrasto fra il chiaro della parte incisa e lo scuro dell'epidermide lasciata. Per ottenere un maggior contrasto di colore si preferiva scegliere la pelle di bisonti cacciati durante il periodo estivo. Il motivo di ciò era semplice: la pelle dei bisonti, in quel periodo, era letteralmente abbronzata dai raggi del sole. Rimuovendo quindi una parte dell'epidermide la parte bianca sottostante creava un forte contrasto con quella di colore marrone scuro rimanente. Questa è la replica che ho realizzato del fodero realizzato con quell'antica tecnica. Ho usato dei "tin cones" (coni di metallo) come ornamenti, ed ho effettuato tutte le cuciture con tendine animale naturale, come era fatto allora.

sabato 30 gennaio 2010

Lo stile elaborato del Plateau


Nel Nord Ovest degli Stati Uniti i contatti fra i Nativi della zona ed i bianchi avevano una lunga storia. Come si può leggere nella biografia su Capo Giuseppe di Helen Howard gli scambi con i trapper ed i mercanti francesi prima, con la Hudson's bay e con gli inglesi poi lasciarono un segno in quei popoli. I Nez Percè in particolare avevano comunque già sviluppato uno stile di vita più ricco di beni materiali (cavalli in primis) e meno dedito alla ricerca di scontri continui rispetto ai loro "cugini" delle pianure. Questo maggiore benessere materiale si rifletteva, naturalmente, nella ricchezza della loro arte e del loro artigianato mentre il relativamente minore numero di scontri con gli invasori dava luogo ad una assimilazione di parte dei costumi e mode proprie dell'uomo bianco. Naturalmente, e come sempre, quei popoli non rinunciavano ad adattare il capo di abbigliamento o accessorio adottato ai propri gusti.
Nel mio lavoro, che inserisco ora, ho cercato di riprodurre uno dei cappelli decorati a perline che furono molto diffusi fra gli Yakama, gli Umatilla ed i Nez Percè sul finire dell'800. Sono partito da un cappello Stetson, modificandone la forma per renderlo simile agli originali. Per fare ciò i vecchi manuali dell'800, scritti per i cowboy dell'epoca, consigliano di immergere il cappello in acqua facendo formare una bolla d'aria al suo interno, di sagomarlo nella forma voluta mentre è ancora umido e di farlo asciugare indossandolo davanti un fuoco (un camino per l'esattezza!). L'originale del pattern non è mio ma di Angela Swedberg, i cui lavori consiglio a tutti gli appassionati di queste culture.
In alto: un dipinto di Bill Holm con due abitanti del Plateau nei loro costumi tradizionali e con indosso i tipici cappelli decorati a perline.
La tecnica usata sulla mia replica è la "Appliquè" o "Spot", le perline variano da una misura 11/0 ad una 13/0 e sono sia opache che traslucide. La piuma è dipinta a mano.

mercoledì 20 gennaio 2010

Il Bisonte sacro


Il bisonte era per gli Indiani delle Pianure una fonte inesauribile di ricchezza.
Il periodico passaggio delle mandrie condizionava gli spostamenti delle tribù, le quali cercavano di intercettarne il transito per la loro caccia in comune.
Prima dell'arrivo del cavallo e delle armi da fuoco l'intera comunità partecipava alle battute.
Gli esploratori più abili erano inviati sulle tracce della mandria e spesso coperti dalle pelli (e dall'odore) di altri animali accerchiavano i bisonti. La tecnica usata prevedeva il cercare di incanalare il branco verso un punto ben preciso, punto alla fine del quale si trovava un dirupo. Spesso, per meglio indirizzare la corsa dei bisonti, erano realizzati dei muri a secco che costringevano gli animali a seguire un determinato percorso. Raggiunta ed accerchiata su tre lati la mandria era il momento di chiamare a raccolta il resto della tribù. Muovendosi all'unisono gli uomini nascosti nell'erba si alzavano ed iniziavano ad urlare verso il branco di bisonti i quali reagivano scappando nell' unica direzione libera. Il resto della tribù, comprese le donne, partecipava a questa sorta di inseguimento che doveva finire, almeno nelle intenzioni, nel salto di gran parte della mandria dal dirupo verso cui era stata indirizzata e nella morte di molti dei bisonti. Una battuta ben riuscita assicurava provviste per i mesi invernali all'intera tribù, oltre a pelli per le tende ed i vestiti ed a molto altro ancora. Benjamin Capps nel suo "The Indians" (New York, 1973) elenca ottantotto oggetti diversi che i Nativi realizzavano utilizzando parti del bisonte: si andava dal vestiario agli oggetti per la capanna (scatole per i vestiti ad es.), alle armi, ai giocattoli, agli oggetti per il lavoro (aghi dalle ossa e fili per cucire dal tendine) sino agli oggetti magici.

In apertura: un rarissimo esemplare di bisonte bianco (per albinismo) attualmente ospitato in un ranch in Arizona. E' ritenuto sacro dai Lakota

qui un choker (collane) ed una fascia da braccio da me realizzati utilizzando pelle, perle in ottone e Hair pipes. Le Hair Pipes erano piccoli tubi ricavati dalle ossa del bisonte (o di altri animali di grossa taglia). Le ossa erano spaccate in sezioni che poi erano finemente levigate e perforate al centro.

martedì 19 gennaio 2010

Peyote - la cucitura sacra -

Sopra
Ventagli cerimoniali con decoro "Peyote"

Per decorare sostegni arrotondati, quali manici di asce da guerra, pipe ma anche collane, ventagli etc. veniva utilizzata un tipo di cucitura detta Mohawk, Ute o anche Peyote.
Il nome Peyote pari derivi dal fatto che questa tecnica fosse usata per ornare i sonagli di zucca tipici della cerimonia del peyote, presente fra alcuni popoli del Sud Ovest. Occorre qui una breve premessa. Questo tipo di cucitura nasce dal tentativo degli artigiani Nativi di riprodurre, con i nuovi materiali introdotti dai bianchi (le perline), quelle che erano le forme ed i decori tipici della cultura tadizionale. Se si esclude la pittura su pelle, effettuata con la scarnificazione delle linee del disegno, e l'utilizzo di alcuni tipi di conchiglie, tagliate in cilindri ed utilizzate per la tessitura di Wampum, aventi questi ultimi però funzioni più prettamente cerimoniali, si può, con una certa ragione, affermare che tutte le decorazioni per l'abbigliamento e gli oggetti riservati alle occasioni particolari, fossero esse matrimoni, parate o concili intertribali, erano realizzate con gli aculei del porcospino americano. Il risultato finale di tale decorazione dava l'effetto di una stuoia rigida e lucida che avvolgeva strettamente il pezzo decorato con i molti colori che si ottenevano con la tintura a bagno degli aculei.
Per iniziare occorre fissare con un nodo un filo alla estremità superiore dell'oggetto cilindrico da decorare, ad es. l'impugnatura di una mazza da guerra o di un sonaglio. Questo filo può essere più spesso di quello da utilizzare per le perline. Tale filo va quindi avvolto attorno al sostegno per circa la lunghezza del decoro da effettuare. Si fissa poi all'estremità superiore del primo filo il filo da perline e si posizionano tante perline quanto bastano a coprire metà della circonferenza dell'impugnatura. Si fà un giro completo di filo si fissa con un nodo e si sistemano le perline in modo che fra l'una e l'altra della prima fila possano entrare quelle della seconda. Ora si aggiunge una perlina per volta. L'ago ed il filo entrano in una perlina nuova e in una perlina della prima fila e così via. Le perline della terza riga saranno proprio sotto quelle della prima, quelle della quarta sotto la seconda etc. L'effetto finale sarà un decoro a zig zag che, inserendo perline di opportuni colori, permetterà la creazione di notevoli effetti cromatici. Qui uno schema per l'inizio del lavoro

Una mia collana con tecnica Peyote

sabato 16 gennaio 2010

Coltelli da scalpo




Il prendere lo scalpo del nemico è sicuramente una delle azioni che si ritengono tipiche dei Nativi del Nord America. In realtà la predazione di trofei umani era una pratica comune e diffusa fra moltissimi popoli, nel Nuovo come nel Vecchio continente.
Dato che, sin dai primi anni di contatto, gli Europei favorirono la diffusione di questa pratica a danno dei propri personali nemici, fra gli storici e gli antropologi si è arrivato anche a dubitare del fatto che il prendere lo scalpo fosse un comportamento autoctono dei popoli del Nord America. A questo proposito però "The taking and displaying of human body parts as trophies by Amerindians"‎ (La predazione e l'esibizione di parti umane come trofei da parte degli Amerindi), un recente studio a cura degli antropologi Richard J. Chacon e David H. Dye, ha definitivamente tolto ogni dubbio dimostrando come tale pratica fosse diffusa già in epoche molto remote.
I Nativi americani utilizzavano un tipo preciso di coltello per prendere lo scalpo al nemico. Doveva essere un arma molto tagliente, per essere rapida ed efficace, dalla lama sottile ed appuntita. Grazie sempre ai mercanti bianchi l'arma preferita divenne il tipico... coltello da macellaio! Spesso questi coltelli erano prodotti ed importati dalla cittadina di Sheffield, in Inghilterra, che all'epoca era fortemente specializzata nella lavorazione dei metalli.
Sopra: un originale fodero Sioux con il suo coltello da scalpo.
Qui una mia replica di un fodero delle Pianure Settentrionali, conservato al McCord Museum e datato 1865, insieme ad un coltello di fine "800.

martedì 5 gennaio 2010

Spot: creare poco alla volta


Una delle altre tecniche originali utilizzate era definita "spot". In questo caso l'ago era fissato alla pelle nel punto in cui arrivavano le perline inserite dall'artigiano. Fatto questo si procedeva a tornare indietro ed a far rientrare l'ago nelle perline che erano già state fissate. La particolarità di questa tecnica era che permetteva la realizzazione di linee curviformi e quindi l'esecuzione del ricamo di foglie, fiori etc. che la Lazy stitch non si prestava ad eseguire. Questa tecnica, pur essendo più lenta e laboriosa, fu molto diffusa nelle Woodland ed anche nei territori del subartico. Probabilmente la massima espressione di essa fu data dalla Nazione Ojibwa, i cui manufatti, realizzati dalle donne nelle lunghe serate invernali, erano poi scambiati o venduti ai bianchi ed alle altre Nazioni a caro prezzo, durante i raduni primaverili ed estivi.
Sopra: schema della cucitura "Spot"
La spot si prestava poi alla realizzazione delle cosiddette "rosette" o "Bull's eyes": dischi di pelle fino a 10 cm di diametro su cui erano eseguite decorazioni con andamento a spirale. I dischi erano poi fissati a cinture, mocassini o altri manufatti.

Borsa in pelle di daino ornata con una rosetta al centro, panno in lana rosso e orlatura intorno ai bordi.




Cintura in daino e cuoio con una rosetta fissata al centro