giovedì 29 luglio 2010

Scudi da guerra


Sopra: scudo Crow conservato a Berlino

Lo scudo da guerra non era tanto una protezione fisica per il suo portatore quanto una protezione per il suo spirito. il guerriero che voleva realizzarne uno sceglieva una pelle grezza che doveva essere larga almeno due volte lo scudo da costruire. Facendosi aiutare da amici scavava una buca circolare per terra dentro la quale accendeva un fuoco basso e fissava, grazie a dei pioli, la pelle sopra l'apertura dello scavo. Si sfregava poi la stessa con colla animale e, per l'effetto del calore, essa iniziava a restringersi. Grazie all'aiuto dei compagni il bravo spostava, mano a mano, i pioli posizionandoli in modo adeguato alla nuova larghezza assunta. Ad ogni spostamento dei pioli la pelle era nuovamente impregnata con colla animale. Queste operazioni erano ripetute fino a quando la pelle non raggiungeva le dimensioni volute. A quel punto la si toglieva dai pioli, la si rifilava per eliminare i buchi lasciati degli stessi e le eventuali imperfezioni e si iniziava il procedimento di decorazione. La pelle trattata in questo modo diveniva sufficientemente dura da resistere ai colpi delle freccie, rimanendo, nello stesso tempo, abbastanza leggera per portarla in battaglia.
Questa tecnica è descritta, puntigliosamente dal pittore ed esploratore Catlin nelle sue "Letters".

 il dipinto originale di Catlin, conservato al ANMH, che raffigura l'operazione e la relativa cerimonia

Oltre a quelli da guerra esiste una tipologia di scudi definita "da danza". Sono scudi più leggeri non destinati a riparare il loro proprietario ma ad essere usati solo nelle cerimonie.
Vari esempi di disegni su scudi Cheyenne
secondo un trattato di etnologia.
Rappresentano le varie tipologie di spiriti che governano il mondo sotterraneo, quello terrestre e quello celeste

un mio scudo nello stile Cheyenne.E' realizzato in pelle grezza e dipinto con pigmenti minerali mischiati a colla animale

lunedì 26 luglio 2010

"Code di Castoro"


Sopra: fodero per coltello a "coda di castoro" Blackfeet- 1880

Durante i primi periodi di scambi fra gli Europei ed i popoli delle coste del Nord Est, su cui sorgevano i nuovi insediamenti duraturi (New York e Manhattan ad esempio), gli oggetti maggiormente barattati erano quelli destinati ad un utilizzo quotidiano. Aghi e filo per cucire vestiti, coltelli per la caccia, coperte per ripararsi dai rigori del tempo.

Praticamente ogni Indiano portava con sè almeno un coltello da usare per mangiare, pulire le pelli o cacciare. Con l'intensificarsi degli scambi i coltelli divennero più di uno e si fecero più sofisticati nelle forme.

Uno in particolare era definito a "Coda di Castoro" ed ebbe ampia diffusione fra i popoli delle Pianure Settentrionali. Erano coltelli spesso realizzati in Inghilterra (ed in Scozia in particolare) con una forma della lama a "daga" e manici ornati.

Sotto: la replica odierna di un coltello a "Coda di castoro"

Fra i Blackfeet (o Piedineri) si diffusse l'uso di realizzare foderi specifici per questi particolari coltelli, foderi con una forma inusuale, credo derivata da quelli tradizionalmente realizzati da quel popolo con cortecce. Tali foderi erano definiti in inglese "Dagger sheaths". L'effetto finale di questa tradizione fu quello di manufatti riccamente ornati ora battuti nelle aste di antiquariato a prezzi altissimi.

Sotto: un mio "Dagger sheath" nello stile Blackfoot

domenica 25 luglio 2010

"Buona Medicina"



Borsa della medicina Mi'kmaq
ricavata dalla zampa di un orso

L'usanza di costruirsi e portare con sè una piccola borsa o un fagotto dove conservare amuleti personali era diffusa su tutto il territorio Nord Americano. Questi oggetti erano realizzati nei più disparati pellami (pelli di lontra, di cervo o anche di uccelli) e la scelta del tipo era determinata dalla "visione" che il suo artefice aveva avuto. Se nella sua esperienza mistica il guerriero aveva visto una gazza allora quella era la pelle che doveva usare per il suo sacchetto della medicina. Il contenuto invece era il più vario. Si trattava comunque sempre di oggetti o vegetali che avevano avuto un posto di rilievo nella visione avuta e che si riteneva avrebbero protetto chi li portava indosso.

Esistono nei musei alcune di queste borse della medicina con ancora il loro contenuto ma sono oggetti abbastanza rari da trovare sul mercato dell'antiquariato.

Il motivo è abbastanza semplice: la fede nella potenza dell'oggetto era tale che il suo proprietario non se ne sarebbe mai disfatto volontariamente. Basti dire che, nelle Pianure, un guerriero che avesse perso il proprio sacchetto (per esempio in battaglia) non poteva assolutamente realizzarne un altro. L'unico modo per essere ancora protetti da una "Buona medicina" era quello di sottrarre in una spedizione l'amuleto di un guerriero nemico.

Anche quando i missionari completarono la loro opera di evangelizzazione gli Indiani convertiti, pur accettando di non portare più indosso il proprio sacchetto, si rifiutavano categoricamente di darlo o venderlo a chicchessia e sceglievano invece sempre di seppellirlo in un posto conosciuto solo da loro.

un mio sacchetto delle medicina

venerdì 23 luglio 2010

Di là dalle montagne


Sopra: un magnifico abito femminile proveniente dalla zona del Plateau

insieme ad un ricco paio di orecchini di dentalium

Negli scambi commerciali fra le tribù che vivevano nella zona delle Grandi Pianure e tribù che abitavano la zona Nord Occidentale degli Stati uniti uno dei beni considerato come di maggior valore era la conchiglia del Dentalium. Il Dentalium è un mollusco che vive nelle acque costiere dell'Oceano Pacifico. Per la sua forma, che ben si prestava ad essere usata come elemento di decoro dell'abbigliamento o a creare ornamenti, questa specie di mollusco fu oggetto di serrati scambi sin da epoca protostorica, scambi durante i quali gli abitanti delle Pianure erano disposti a "pagare" prezzi altissimi per poche di queste conchiglie. Molti degli abitanti delle Pianure non avevano mai attraversato la catena delle Montagne Rocciose nè mai visto il mare. Parlando quindi della zona di origine di tali ornamenti si limitavano a dire che essi venivano "Di là dalle montagne" . Il valore di baratto di una manciata di dentalia all'inizio dell'800 era fissato in un buon cavallo ed ancora intorno al 1880 un commerciante, che aveva acquistato un vestito femminile Indiano interamente ricoperto di tali cochiglie, ricavò dalla vendita di metà delle stesse (che aveva provveduto a scucire dall'indumento) la somma astronomica per l'epoca di 4.000 dollari.

un mio paio di orecchini realizzato con divisori di pelle cruda

abalone e conchiglie di dentalium


domenica 4 luglio 2010

Le piste dell'arte


 Faretra e fodero per arco Nez Percè riccamente decorati
con i motivi geometrici tradizionali

Nel loro studio ormai classico sui decori a perline dal titolo "Crow Indian Beadwork" gli autori, W. Wildschut e J. C. Ewers, notavano i frequenti rapporti di scambio culturale avvenuti fra la Nazione Crow (o meglio Apsaaloke nella loro lingua) ed i popoli che abitavano le zone del Plateau, nel Nord est degli USA. Questi scambi erano prima di tutto commerciali, i prodotti raccolti sulla costa o coltivati sull'altopiano viaggiavano per migliaia di chilometri per raggiungere le Pianure dove sarebbero stati scambiati con pelli di bisonte, cavalli etc. Tutto questo cammino si traduceva poi in una influenza reciproca sui motivi e colori che erano riportati sui prodotti dell'artigianato. Caratteristica comune era l'uso di una vasta tavolozza di colori che andava dall'azzurro molto chiaro (usato spesso come sfondo) per passare al verde ed al blu scuro trasparenti, al giallo e così via. Un altro elemento comune ai due popoli era quello di ricreare, con l'uso del ricamo a perline, i disegni e gli elementi che componevano i decori anticamente dipinti sulle "Parfleche" (contenitori in pelle grezza) di cui avevo già detto. E così una serie di triangoli, spesso l'uno dentro l'altro, di fasce dove il colore procedeva in strisce diagonali andavano a comporre i ricchi manufatti di questi abili artigiani.

Un mio sacchetto della medicina nello stile del Plateau. L'originale da cui ho preso spunto è realizzato dalla famosa artista Angela Swedberg. Alcuni dei suoi lavori sul tema sono visibili a questo indirizzo: http://angelaswedberg.blogspot.com/2009/05/good-medicine.html

venerdì 2 luglio 2010

Giacche in pelle

Giacca Athabaskan

L'uso di decorare a perline, o con altre tecniche, si estese con il tempo anche a quei capi di abbigliamento propri dei bianchi. Soprattutto nei territori del Nord, dove il clima pungente richiedeva l'uso di indumenti più pesanti, si diffuse l'utilizzo di giacche (o cappotti) tagliate sulle uniformi degli eserciti Inglesi o Francesi lì stanziati. La materia prima usata era però la pelle, di cervo o di altri animali, conciata alla maniera indiana. Da questo incontro fra gli stili di due culture così diverse nacquero così capi di abbigliamento di particolare bellezza.

Sotto una giacca in pelle scamosciata su cui ho realizzato una semplice fascia a perline lungo le cuciture frontali e posteriori.